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LUCA GRECHI - Il nervo

Opening 24 January from 6pm




La galleria Richter è lieta di presentare martedì 24 Gennaio la nuova mostra personale di Luca Grechi Il nervo, con una nuova serie di dipinti e disegni, in mostra fino al 10 Marzo, che rappresentano l’ultimo periodo evolutivo dell’artista.

Dopo la breve anticipazione della precedente mostra, Questo adesso, doppia personale insieme a Giulio Catelli; Il nervo presenta un nuovo ciclo pittorico di Grechi, in cui le opere si sostituiscono alle parole che si materializzano in una forma percepita, esaltandone una risposta silenziosa.


“La pittura di Grechi – scrive Maria Vittoria Pinotti nel suo testo critico - si presenta come un insieme di contraccolpi tonali, palesati per affinità elettive. L’artista per raffigurare un paesaggio, altrimenti un estratto di natura, cerca di fissare a priori un’atmosfera, sempre definita da un’aria distillata in una leggera nebbia o in una evaporata rarefazione. Nei lavori in mostra, si scopre una nuova fase di ricerca, generata dalla riscoperta della luce, limpida come una rivelazione verso il sé chiuso, il velato. È come se la luminosità alterasse e definisse le fattezze di sereni rifugi, appena schiusi ai nostri occhi dietro sottili veli che si sollevano per poi ricadere con memorabile lievità”.


“Immagino sempre – afferma l’artista - vedendo un mio lavoro in corso le mille possibilità che potrei affrontare, noto sempre più nel tempo, che l’equilibrio tra freschezza e coraggio può essere la strada, nonostante il rapporto complesso con il processo dell’opera, al momento è la via più compiuta che conosco per arrivare a quella non conoscenza. Andare verso una parte sconosciuta è ciò che mi rende magico il lavoro, seppur un istante, seppur quell’intuizione nasca nella mente o nel gesto si porta dietro tutto un infinito”.


Con il titolo "Il nervo”, l’artista intende un momento di ascolto. Quella sensazione tipica, soprattutto durante l’infanzia o in adolescenza, quando si inizia a sentire quel brio anatomico in alcuni punti nervosi del corpo, quell’attimo in cui il corpo risponde a determinati stimoli.

Quel brio emotivo oltre che anatomico si rispecchia nel modo di fare di Grechi nel momento di risoluzione, di passaggio, legato normalmente al problema pittorico ed estetico.


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Richter gallery is pleased to present the new solo exhibition by Luca Grechi “Il nervo” on Tuesday 24 January, with a new series of paintings and drawings, which represent the last evolutionary period of the artist.

Il Nervo presents a new pictorial cycle by Grechi, in which the works replace the words that materialize in a perceived form, enhancing a silent response.


“Grechi's painting – writes Maria Vittoria Pinotti in her critical text – presents itself as a set of tonal repercussions, revealed by elective affinities. In order to depict a landscape, otherwise an extract of nature, the artist tries to fix an atmosphere a priori, always defined by an air distilled in a light fog or in an evaporated rarefaction. In the works exhibited, we discover a new phase of research, generated by the rediscovery of light, clear as a revelation towards the closed self, the veiled. It is as if the luminosity altered and defined the features of serene refuges, which have just opened to our eyes behind thin veils that rise and then fall back with memorable lightness”.


"I always imagine - says the artist - seeing my work in progress the thousand possibilities that I could face, I notice more and more over time, that the balance between freshness and courage can be the way, despite the complex relationship with the process of work, at the moment is the most complete way I know to arrive at that non-knowledge. Going towards an unknown part is what makes my work magical, even if for an instant, even if that intuition is born in the mind or in the gesture, it carries with it an infinite whole".


With the title “Il nervo", the artist means a moment of listening. That typical sensation, especially in childhood or adolescence, when you begin to feel that anatomical panache in some nerve points of the body, that moment in which the body responds to certain stimuli.

That emotional as well as anatomical panache is reflected in Grechi's way of doing in the moment of resolution, of transition, normally linked to the pictorial and aesthetic problem.





Quel che affidiamo alla luce

di Maria Vittoria Pinotti


Dove si origina la pittura di Luca Grechi ha la luce l’alba, sono luoghi di verde accogliente, in cui v’è una gaia riunione della natura, che genera corone di petali stellati, proprio come la terra esala i suoi tumidi vapori. Seppur in ogni ricerca d’artista v’è sempre qualcosa che resta oscuro, in quella del Grechi sembra tutto terso, trovando la scaturigine da cause naturali: la sua pittura è un’azione d’espressione con una specifica intimità in cui al vento della creazione d’inizio si unisce il paesaggio cosparso di foglie. Saper cogliere simili luoghi, in cui vengono fissati movimenti di stille d’evaporazione che scivolavano giù lente sino a scavare solchi luminosi - che talvolta affluiscono lasciando cadere gocciole di rugiada - equivale ideare per appercezione. Ossia, stando ad una fresca consapevolezza della propria percezione, secondo cui inizialmente la coscienza cerca di capire cosa veda, a latere, ogni dato viene riordinato secondo una volontà di rappresentazione, come un traliccio portante di un impianto tonale modellato dalla luce. Così, quel che sembrava momentaneamente perduto, quel che sfuggiva alla ricerca del Grechi, questi lo slancia in avanti, facendogli riconquistare a fatica e dopo diversi livelli di esercizi pittorici, una intrinseca luminosità.

Questa nuova apertura, in quanto tenace rivisitazione d’atmosfera trascorsa, si sviluppa senza voler disporre dei motivi ricorrenti, poiché il Grechi si focalizza sui suoi dati, in particolare ne approfondisce uno, che verosimilmente potrebbe intimorire o tutt’al più sembrare secondario ad un altro pittore. Egli si concentra sul fogliame, sulle lame d’erba, sui fiori freschi dalle grandi e massicce corolle, strette entro calici ben tesi che brillano e si intravedono appena come elementi ardenti. Tratta un’idea di natura che, stando al parere dello storico dell’arte Bernard Berenson, era l’elemento cardine della pittura di paesaggio, poiché, a prescindere dalla veduta, tale soggetto doveva necessariamente essere reso nei suoi infiniti particolari. In questo modo con Grechi, pare che il paesaggio si prenda beffa di noi, sì da donarci una speciale letizia, una inaspettata attenzione rivolta agli irti contorni ambrati e cremisi del fogliame. Saper afferrare tale resa, sempre secondo Berenson, è possibile solo seguendo il procedimento della propria ragione che abbraccia un compromesso pittorico tra quanto vediamo e ciò che sappiamo, tra sensazione e idea. Ed ora chiediamoci per Grechi cosa significhi ciò in termini d’immagine? Niente altro che un insieme di contraccolpi tonali, palesati per affinità elettive: così per raffigurare un paesaggio, altrimenti un estratto di natura, Grechi cerca di fissare a priori un’atmosfera, sempre definita da un’aria distillata in una leggera nebbia o in una evaporata rarefazione. Perciò, quel che si apprezza in queste opere in mostra è un risveglio cercato ed ora conquistato da cui perviene un certo tiepido scintillio che giunge dal sordo interno, prodotto dal biancore della tela, in cui inaspettatamente si agitano i veli appena schiusi ai nostri occhi e sollevati per poi ricadere di continuo. Tutto ciò avviene perché egli sa cadere nella riflessione, proprio come se concepire, disegnare e dipingere fossero specifici intimi istanti per sé. Momenti di conoscenza introspettiva in cui acquisisce i dati effettivi, attende pazientemente del tempo affinché il circuito della visione reale si attivi, ed alla fine, anche se sfiora tutti gli strumenti della rappresentazione, da pittore, si congeda dalla figurazione perché si concentra attentamente sul paesaggio e a tutto ciò che vi si apre dietro, non fermandosi all’antistante reale superficialità. In altri termini, le sue mani offrono a chi le osserva un pezzo di natura. Nei disegni, in particolare Grechi definisce loro una identità rammentando sensazioni tattili che abbozzano una profondità, come la morbidezza, il velluto delle corolle ed il loro calore gestante, suggerendo, al contempo, anche gli odori quali l’asprezza bruciante e piccante dei fili d’erba. Senza dichiararlo, ma solo sussurrandolo, quello del Grechi è un procedimento teurgico, una pittura concentrata sul fare. Quale sia lo scopo di questo atteggiamento, è probabile che vi sia piuttosto il tentativo di immergere il mondo naturale in una chiarità diffusa, mai scialba, laddove la terra resta terra e la natura rimane natura, ma i cui riflessi tonali svelano il più delle cose stesse.

Circa il singolare titolo scelto per la mostra, pare sia emblema di come Grechi concepisca la pittura, che gli appartiene come un atto naturale e dunque corporale, o meglio viscerale. Tant’è che derivando proprio da quel luogo, si è consapevoli che nei suoi lavori possano racchiudersi gli umori intimi: quali cura, incanto, interesse, paura e dubbio, eppure, il suo nervo pittorico quando si materializza sulla tela, rimane sempre armonioso. Perciò, la coscienza dell’artista, si abbina ad una capacità che è giusto attribuirgli: il vedere le cose dietro un velo, talmente tanto carico di difformità sì da annullare ogni somiglianza con il reale. In questo senso le sue opere lasciano trasparire degli stimoli nervosi suscettibili ad una sorta di catarsi lenta e agognata, generata da un improvviso distacco verso il momento. E qui giunge allora un’altra osservazione: è possibile solo immaginare ciò che Grechi custodisca al riparo dei veli come un tesoro nascosto, con una unica chiara ed incrollabile certezza; il suo corpo, pensiero e visione, vengono affidati alla luce, sia esso forse il raggiungimento di un nuovo inizio? Questo è un dubbio che rimane tanto palpitante quanto fosse veritiero.

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What we entrust to light

by Maria Vittoria Pinotti


Luca Grechi's painting’s origin displays the light of the sunrise, they are places of inviting greenery, in which there is a joyous reunion of nature, generating crowns of starry petals, just as the earth exhales its tumid vapours. Although in every artist's research there is always something that remains obscure, with Grechi everything seems to be terse, finding its origin in natural causes: his painting is an action of expression with a specific intimacy in which the wind of the primal creation is joined by the landscape, sprinkled in leaves. Knowing how to seize such territories, where movements of evaporation spills are fixed, gliding down slowly until they dig luminous furrows - which sometimes flow by dropping dewdrops - is the equivalent to conceiving by apperception. That is to say, standing on a fresh awareness of one's own perception, according to which the consciousness initially tries to understand what it sees, on the sidelines, each datum is rearranged according to a will of representation, like a load-bearing trellis of a tonal system modeled by light. Thus, that which seemed momentarily lost, that which escaped Grechi's search, he thrusts forward, causing it to regain, with difficulty and after various levels of pictorial exercises, an intrinsic luminosity.

This new approach, as a tenacious revisitation of a past atmosphere, is developed without wanting to dispose of recurring motifs, as Grechi focuses on his themes, and in particular delves into one, which would probably be intimidating or at most seem secondary to another painter. He concentrates on the foliage, on the blades of grass, on the fresh flowers with their large, massive corollas, clasped within tightly stretched calyxes that glisten and can barely be glimpsed as burning elements. He deals with an idea of nature that, according to art historian Bernard Berenson, was the cardinal element of landscape painting, since, apart from the view, this subject had to be rendered in its infinite detail. This way, with Grechi the landscape seems to mock us, so as to give us a special delight, an unexpected focus on the bristling amber and crimson contours of the foliage. Knowing how to grasp such a rendering, again according to Berenson, is only possible by following the procedure of one's own reason that embraces a pictorial compromise between what we see and what we know, between sensation and idea. And now let us ask ourselves what does this mean for Grechi in terms of image? Nothing other than a set of tonal recoils, manifested by elective affinities: thus to depict a landscape, an extract of nature, Grechi seeks to fix an atmosphere a priori, always defined by air distilled into a light mist or evaporated rarefaction. Therefore, what one appreciates in these works on display is an awakening sought and now conquered, with a certain tepid sparkle coming from the dull interior, produced by the whiteness of the canvas, in which the veils that have just opened up to our eyes unexpectedly stir and are lifted only to then fall back again and again. All this happens because he knows how to fall into reflection, just as if conceiving, drawing and painting were specific intimate moments for himself. Moments of introspective knowledge in which he acquires the real data, waits patiently for the circuit of real vision to be activated and in the end, even though he touches all the instruments of representation, as a painter, he takes leave of figuration as he carefully focuses on the landscape and everything that opens up behind it, not stopping at the real superficiality. In other words, his hands offer the observer a piece of nature. In the drawings, in particular, Grechi defines an identity for them by recalling tactile sensations that sketch a depth, and here is the softness, the velvet of the corollas and their gestating warmth, while also suggesting smells such as the burning, pungent sharpness of blades of grass. Without declaring it, but only whispering it, Grechi's is a theurgical procedure, a painting focused on doing. Whatever the purpose of this attitude, it is probably rather an attempt to immerse the natural world in a diffuse, never dull clarity, where earth remains earth and nature remains nature, but whose tonal reflections reveal more of the things themselves.

Regarding the peculiar title chosen for the exhibition, it seems to be emblematic of how Grechi conceives painting, which belongs to him as a natural and therefore bodily, or rather visceral, act. So much so that originating from this place, one is aware that his works may contain intimate moods: such as care, enchantment, interest, fear and doubt, and yet, his pictorial nerve, when materialised on canvas, always remains harmonious. Thus, the artist's conscience is combined with a skill he deserves: seeing things behind a veil, so full of discrepancies that all resemblance to reality is nullified. In this sense, his works reveal nervous stimuli susceptible to a kind of slow and longed-for catharsis, generated by a sudden detachment from the moment. And here then falls another observation: it is only possible to imagine what Grechi keeps under those veils, as if a hidden treasure, with only one clear and unshakable certainty; his body, thought and vision are entrusted to light - perhaps the achievement of a new beginning? This is a doubt that remains as palpitating as it is true.


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