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DAVID NORO - Always already

Opening January 23, from 6pm






La galleria Richter Fine Art inaugura martedì 23 gennaio la prima mostra del 2024 con la personale di David Noro, dal titolo always already, che sarà visitabile fino all’8 marzo.

Il titolo è un omaggio al pensiero di Martin Heidegger always already e alla sua visione deterministica dell’essere umano, secondo la quale le condizioni ideologiche e di vita degli esseri umani sono già predeterminate, senza alcun inizio identificabile.


Tutta la mostra ruota attorno al concetto per cui “qualsiasi situazione ha sempre già avuto inizio; l'imitazione, principio dell'arte, ha sempre già interrotto la pienezza naturale”.

“That substitution has always already begun; that imitation, principle of art, has always already interrupted natural plenitude” (Jacques Derrida, Grammatologia, 1967 sul significato di always already).


Lo stile artistico di Noro è caratterizzato da un approccio figurativo, crudo e frammentato che crea scene in cui l'ordinario incontra il surreale. Le sue opere d'arte evocano un senso di "das unheimliche" (perturbante) nello spettatore, invitandolo ad essere un osservatore voyeuristico in un'atmosfera notturna ed enigmatica.

La sua narrazione visiva attinge a un archivio personale di parole casuali, testi, canzoni e frammenti di conversazioni, che costituiscono la base delle sue opere figurative.


La mostra raccoglie due gruppi di opere: il primo comprende la produzione avvenuta dopo due lunghi soggiorni in Italia, tra cui il periodo di residenza presso l’Accademia di Danimarca a Roma nel settembre 2023 in occasione del quale David Noro è stato borsista. Durante questo periodo Noro ha avuto modo di rientrare in contatto con il proprio nonno, originario di Piglio (Frosinone) da cui sono nati dei momenti di collaborazione. I due si sono trovati a lavorare senza mai comunicare verbalmente perché incapaci di comprendere le rispettive lingue e lavorare sul media del tessuto, materia artigianale di norma utilizzato dal nonno. Le opere in mostra hanno come punto di partenza la riflessione sul senso della vita lavorativa e la sua attuale idealizzazione, la routine quotidiana, i ritmi scanditi dalle atmosfere di una piccola cittadina di montagna, gli istanti di sonno inaspettato, come momenti di liberazione personale.


Il secondo gruppo di opere raccoglie una selezione eseguita dalla produzione dell’ultimo anno lavorativo di Noro. Le opere hanno un carattere diaristico: appunti, scarabocchi e riferimenti eseguiti frettolosamente, ed intendono fare un riassunto sulla quotidiana pratica pittorica dell’artista, intesa come indice sommario, insieme di simboli e situazioni da ricordare.


Entrambi i gruppi di opere in mostra riflettono sul senso di predeterminazione di alcune condizioni di vita. Afferma Maria Vittoria Pinotti nel suo testo critico: “Per David Noro è naturale forzare i limiti categoriali della pittura per via di un surriscaldamento emotivo, affinché l’opera ospiti e sfidi l’abbozzo di una trama. Ciò lo induce a combinare, senza alcun protocollo espressivo ma con fantasia e virtuosistica follia, segrete e mnemoniche allucinazioni. Ed affrontando un argomento, inconsapevolmente ne ingloba altri ancora, quali il senso di appartenenza verso una cultura, il valore della ciclicità della vita, i privati affetti, i collettivi doveri e la percezione della viziosa monotonia quotidiana che intende a tutti i costi spezzare. [… ] la pulsionalità del tratto abbraccia qualcosa di volutamente infantile, di favolistico, nel senso più ampio e disturbante del termine, lasciando intravedere un mondo assorto e sospeso nel suo donarsi generosamente come visione. Perciò le sue pitture non si lascino accarezzare dallo sguardo, bensì vogliono suggestivamente intimorire per la difformità visiva di una materia colma di morbido spessore che vive di contrasti coloristici spesso violenti”.


David Noro è nato a Copenaghen nel 1993, vive e lavora ad Oslo.

Tra le mostre personali nelle gallerie: Ptt Space, Althuis Hofland Fine Arts, Galleri Kant, Galerie Dys, Beers London. Tra le mostre collettive Cobra Museum di Amstelveen, Den Frie Centre of Contemporary Art di Copenaghen, Asia Art Foundation di Taiwan, Bricks Gallery. È stato borsista presso l’Accademia di Danimarca di Roma per il mese di settembre 2023. Dal 2014 al 2018 è stato iscritto presso la The Gerrit Rietveld Academie di Amsterdam ed attualmente sta frequentando un master alla Oslo National Academy of Arts.


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Richter gallery inaugurates the first exhibition of 2024 on Tuesday 23 January with David Noro's solo show, entitled always already, which can be visited until 8 March.

The title is a tribute to the thought of Martin Heidegger always already and his deterministic vision of the human being, according to which the ideological and life conditions of human beings are already predetermined, without any identifiable beginning.


The entire exhibition revolves around the concept that “any situation has always already begun; imitation, the principle of art, has always already interrupted natural fullness”.

That substitution has always already begun; that imitation, principle of art, has always already interrupted natural plenitude” (Jacques Derrida, Grammatologia, 1967 on the meaning of always already).


Noro's artistic style is characterized by a figurative, raw and fragmented approach that creates scenes where the ordinary meets the surreal. His artworks evoke a sense of "das unheimliche" (uncanny) in the viewer, inviting him to be a voyeuristic observer in a nocturnal and enigmatic atmosphere.

His visual narrative draws on a personal archive of random words, lyrics, songs and fragments of conversations, which form the basis of his figurative works.


The exhibition brings together two groups of works: the first includes the production that took place after two long stays in Italy, including the period of residence at the Danish Academy in Rome in September 2023 for which David Noro was a scholarship holder. During this period Noro had the opportunity to get back in touch with his grandfather, originally from Piglio (Frosinone) from which moments of collaboration were born. The two found themselves working without ever communicating verbally because they were unable to understand each other's languages and working on the fabric medium, a craft material normally used by their grandfather. The works on display have as their starting point the reflection on the meaning of working life and its current idealization, the daily routine, the rhythms marked by the atmosphere of a small mountain town, the moments of unexpected sleep, as moments of personal liberation.


The second group of works collects a selection made from the production of Noro's last working year. The works have a diaristic character: notes, scribbles and references made hastily, and intend to provide a summary of the artist's daily pictorial practice, intended as a summary index, a set of symbols and situations to remember.


Both groups of works in the show reflect on the sense of predetermination of certain living conditions. Maria Vittoria Pinotti states in her critical text: “For David Noro it is natural to force the categorical limits of painting due to emotional overheating, so that the work hosts and challenges the outline of a plot. This leads him to combine, without any expressive protocol but with imagination and virtuosic madness, secret and mnemonic hallucinations. And by addressing one topic, it unconsciously incorporates others, such as the sense of belonging to a culture, the value of the cyclical nature of life, private affections, collective duties and the perception of the vicious daily monotony that it intends to break at all costs. [...] the instinctual nature of the line embraces something deliberately childish, fairytale-like, in the broadest and most disturbing sense of the term, allowing a glimpse of a world absorbed and suspended in its generous giving of itself as a vision. Therefore his paintings do not allow themselves to be caressed by the gaze, but rather want to suggestively intimidate due to the visual dissimilarity of a material full of soft thickness that thrives on often violent color contrasts".


David Noro was born in Copenhagen in 1993, he lives and works in Oslo.

Among solo exhibitions in galleries, include: Ptt Space, Althuis Hofland Fine Arts, Galleri Kant, Galerie Dys, Beers London. Among group exhibitions: Cobra Museum in Amstelveen, Den Frie Centre of Contemporary Art in Copenhagen, Asia Art Foundation in Taiwan, Bricks Gallery. He was a fellow at Accademia di Danimarca in Rome through September 2023. From 2014 to 2018, he was enrolled at The Gerrit Rietveld Academy in Amsterdam, and he is currently pursuing a master's degree at the Oslo National Academy of Arts.


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David Noro: dove fiorisce l’ossigeno

di Maria Vittoria Pinotti


Subire l’attrazione verso l’anomala densità dell’aria che si insinua nelle fessure della coscienza notturna equivale a respirare un blocco di brezza, dura come un diamante. È tagliente e fredda per cui i soli capaci di volarci sono i nostri incoscienti sogni che vi respirano i loro anomali enigmi. Ciò costringe supporre che l’unico modo per fissare questo insolito popolo dell’aria è svolgerlo come un gomitolo di costellazioni per stenderlo nelle mani del pittore, l’unico capace di cavarne l’anima. E David Noro sa bene come cogliere i tratti di questi bizzarri esseri, schiudendo loro le opere come delle fessure che si riempiono liberamente di tutto ciò di cui il popolo vive come case, profili umani, volatili, fili d’erba, imbarcazioni, fiori e care memorie. Così, conoscendo il disordine che regna in questi luoghi scopriremo quando per te David, l’arte sia accidentalità, dimodoché il tuo lavoro, agendo senza teorie, non carezza l’occhio di chi lo guarda, bensì stimola un inquieto disagio, in cui la deformazione si contrappone al reale, contendendone il vero.


Così, lavorando su una superficie segnata da improvvisi grossolani accenti che si reggono sulla sola sostanza cromatica, in quanto volontario atto d’urto e ribellione verso la sua materialità, favorisci un’immagine plastica, che il più delle volte è sospesa in lievitazione. In questo modo quell’ossigeno che alimenta la vita delle tue figure lo respiri anche tu, nutrendoti di una innocente imprudenza, sì da generare una pittura di un istinto imperfettamente governato che farebbe disorientare gli animi dei più puri osservanti. Tant’è che guardando i tuoi personaggi si sperimenta una seduzione, che non si saprebbe descrivere in altro modo se non domandandosi: respirando lo stesso ossigeno divento anche io come loro, sono veramente miti e silenziosi come sembrano? No, non sono silenti poiché, come in un estremo paradosso la loro verbalità è espressa nei taciturni visi. Così, tu David dimostri di possedere una arguzia iconica, alcune volte ironica, nutrendoti di loro ogni qual volta reputi necessario, per sentirne il respiro che si esala dal campo di battaglia tonale, in cui aderenza e coerenza formale sono assenti.


Ed in questa selva d’immagini, in realtà si nasconde un lucente splendore, in cui non v’è del bello estetico, perché se così fosse si nasconderebbe del marcio, ma piuttosto lo stimolo alla seduzione, a scoprirli come identità con specifici significati, allusioni e fantasie. E qui si tocca con mano ciò che per te David è fondamentale: trovare uno spazio loro conveniente, che ben li contenga. Ragion per cui per te esiste un libero ed indissolubile rapporto assolutamente necessario e quasi istintivo con le componenti più varie della materia, siano essi tessuti di lino, tavole e tele, in quanto strumenti di fabulazione visionaria per una tua capacità di generare meraviglia ogni qual volta vi entri in contatto. Da qui è naturale per te forzare i limiti categoriali della pittura per via di un surriscaldamento emotivo, affinché l’opera ospiti e sfidi l’abbozzo di una trama. Ciò ti induce a combinare, senza alcun protocollo espressivo ma con fantasia e virtuosistica follia, segrete e mnemoniche allucinazioni. Ed affrontando un argomento, inconsapevolmente ne inglobi altri ancora, quali il senso di appartenenza verso una cultura, il valore della ciclicità della vita, i privati affetti, i collettivi doveri e la percezione della viziosa monotonia quotidiana che intendi a tutti i costi spezzare.


Eppure, sin dal primo incontro con le tue opere un aspetto mi è chiaro: l’infinita disponibilità verso la creazione come strumento narrativo, pertanto decidi di portare la tua devota storia identitaria e generazionale dentro il tuo lavoro come una piccola strada che talvolta si schiude e in definitiva ne racconti ogni particolare accompagnato dai protagonisti. Ed inaspettatamente lavori contro un tempo lineare sì da risentirne anche la successione visiva, una rete enigmatica che adesca e sgomenta poiché non inchioda scene, bensì le fissa vagamente tramite sovrapposizioni in una assurda rissa geometrica. Così la tua è una nevrosi visiva e temporale molto ben riuscita, a cui nessun terapeuta vorrebbe mettere mano, per via del suo aspetto colto, bizzarro e complesso. E questi soggetti mentitamente taciturni paiono frigidi e crudi ma in realtà sono alacri ed attivi, sono visi e profili fioriti da un tiepido pomeriggio, attorniati da segni astratti e chiare cicatrici di vita e d’età.


Ma tutti hanno qualcosa di poderoso e intellettualmente terribile: i tuoi volti non intendono essere adorati, come avviene di norma con gli altri artisti, bensì vogliono essere studiati ed anche se in possesso di grandi occhi sono intimamente ciechi e di ciò ne sono consapevoli, cosicché raccontano di sé medesimi e vivono solo che per sé stessi. Tant’è che per te il volto ed in particolare la parola smorfia, dal cui suono lessicale sei attratto, non è affatto uno spazio minatorio, anzi respirabile in cui tu assieme a loro vi respiri l’aria. E questi occhi tanto ciechi che ci guardano da vicino, con un sottile disinteresse, ora si presentano spalancati, alcune volte immersi in ambienti pregni d'atmosfera, hanno fiori nei loro sguardi come trafori d’aria, sono orientati ad un vento che porta pioggia e sospiri, sono posatoio di memorie, amanti di una vocazione alla lentezza, una saggia immobilità in quanto attributo all’intenzione di vivere appieno il luogo e la sua aspra natura. Tutti attendono d’agire e nel loro silenzio si contemplano reciprocamente, anche perché quando ritorneremo a guardali singolarmente noteremo che un tratto di colore è stato ceduto all’altro per puro amore della complicità.


Così la tua pare una pittura biforme, in cui si intrecciano il sublime ed il visionario, legittimando l’inseparabilità dell’esperienza quotidiana, la pesantezza della memoria, il senso del ricordo che culla il tuo apporto culturale. E se crediamo in questa follia dell’aria che ossigena figure falsamente cieche e mute, come io credo che sia, dobbiamo cercarne il motivo nell’assenza della buona forma, da cui deriva il magnetismo che emanano. Giacché per te la pittura è luogo occulto, è una visione in cui convive un mondo onirico e solare, così sarebbe un torto a te, David attribuirgli dei significati specifici. E qui s’innesta il legittimo sospetto che tu abbia involontariamente ideato un’alchemica formula d’ossigeno che mantiene tutto ciò in vita in una sorta di opera-fessura, un luogo pieno d’umori e forze latenti pronti a ribollire, esplodere improvvisamente sino a raccogliersi docilmente, per poi richiudersi in falsi silenzi e dissimulate vedute.


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David Noro: where oxygen blooms

by Maria Vittoria Pinotti


To experience the attraction towards the anomalous density of the air that creeps into the crevices of nocturnal consciousness is like breathing a block of breeze, hard as a diamond. It is sharp and cold, so the only ones capable of flying through it are our unconscious dreams that breathe their anomalous enigmas into it. This forces us to suppose that the only way to capture these unusual people of the air is to unravel it like a ball of constellations, laying it in the hands of the painter, the only one capable of extracting its soul. Hence, David Noro knows well how to capture the features of these bizarre beings, unfolding their works like cracks freely filled with everything the people live on, such as houses, human profiles, birds, blades of grass, boats, flowers, and cherished memories. Thus, understanding the disorder that reigns in these places, we will discover when, for you, David, art is happenstance, so that your work, acting without theories, doesn't caress the eye of the beholder but rather stimulates an uneasy discomfort, where deformation opposes the real, contending with the truth.


So, working on a surface marked by sudden coarse accents that rely solely on chromatic substance as a deliberate act of impact and rebellion against its materiality, you favor a plastic image, most often suspended in levitation. In this way, the oxygen that nourishes the life of your figures is also breathed by you, feeding on an innocent imprudence, generating a painting of an imperfectly governed instinct that would disorient the minds of the purest observers. Indeed, looking at your characters, one experiences a seduction that can only be described by asking: by breathing the same oxygen, do I also become like them, are they truly meek and silent as they seem? No, they are not silent because, in an extreme paradox, their verbal expression is conveyed through taciturn faces. Thus, David, you demonstrate possessing an iconic wit, sometimes ironic, feeding on them whenever you deem it necessary, to feel the breath that emanates from the tonal battlefield where adherence and formal coherence are absent.


In this forest of images, there is a shining splendor, where there is no aesthetic beauty, because if there were, it would hide something rotten, but rather the stimulus to seduction to uncover them as identities with specific meanings, allusions and fantasies. And here is where what is fundamental for you, David, comes into play: finding a suitable space for them, one that contains them well. That's why, for you, a free and indissoluble relationship exists, necessary and almost instinctive, with the various components of matter, be they linen fabrics, boards, and canvases, as visionary storytelling tools for your ability to generate wonder every time you come into contact. From here, it is natural to push the categorical limits of painting due to emotional overheating, so that the work can host and challenge the outline of a plot. This leads you to combine, without any expressive protocol but with imaginative and virtuous madness, secret and mnemonic hallucinations. And in addressing one subject, you inadvertently encompass others, such as the sense of belonging to a culture, the value of the cyclicity of life, private affections, collective duties, and the perception of the vicious daily monotony that you are determined to break at all costs.


Yet, from the very first encounter with your works, one aspect is clear to me: the infinite openness to creation as a narrative tool. Consequently, you decide to bring your devoted identity and generational story into your work like a small road that sometimes opens, and ultimately, you narrate every detail accompanied by the protagonists. Unexpectedly, you work against a linear time, so much so that you can feel it in the visual succession, an enigmatic network that both captivates and astonishes because it doesn't nail down scenes but vaguely fixes them through overlays in an absurd geometric brawl. Thus, yours is a very well-executed visual and temporal neurosis, one that no therapist would want to touch, given its sophisticated, bizarre, and complex nature. And these deceptively silent subjects seem cold and harsh, but they are cheerful and active; they are faces and profiles blossoming from a warm afternoon, surrounded by abstract signs and clear scars of life and age.


But everyone has something powerful and intellectually terrible: your faces are not intended to be adored, as it usually is the case with other artists; rather, they want to be studied. Even though they have large eyes, they are inwardly blind, and they are aware of it. They tell their own stories and live only for themselves. So much so that for you, the face, and particularly the word grimace, whose lexical sound attracts you, is not at all a threatening space. On the contrary, it's a breathable space where, along with them, you breathe the air. These eyes, so blind, looking closely at us with a subtle disinterest, now appear wide open, sometimes immersed in atmospherically charged environments. They have flowers in their gazes like air traceries. They are oriented to a wind that brings rain and sighs. They are a perch for memories, lovers of a vocation for slowness, a wise immobility as an attribute to the intention of fully experiencing the place and its rugged nature. All of them await action and in their silence, they contemplate each other. Moreover, when we return to look at them individually, we will notice that one stroke of color has been yielded to the other out of pure love for complicity.


So, your painting seems to be biform, where the sublime and the visionary intertwine, legitimizing the inseparability of daily experience, the weight of memory, the sense of remembering that cradles your cultural contribution. And if we believe in this madness of the air that oxygenates falsely blind and mute figures, as I believe it is, we must look for the reason in the absence of good form, from which the magnetism they emanate derives. For you, painting is a hidden place, a vision in which a dreamlike and sunny world coexists, so it would be unfair to attribute specific meanings to it, David. And thus, the legitimate suspicion arises that you have involuntarily devised an alchemical formula of oxygen that keeps everything alive in a kind of crack-work, a place full of humors and latent forces ready to boil, suddenly explode until they gather docilely, then close again in false silences and concealed views.

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